Il tartufo d’Abruzzo

L’Abruzzo è la prima regione d’Italia in fatto di produzione di tartufo. Ogni zona della regione è adatta per cercare e raccogliere questi tuberi. E ogni località possiede caratteristiche specifiche che favoriscono la crescita di alcune particolari specie. In Abruzzo si contano almeno 28 varietà differenti di tartufo. Se ne trovano diversi tipi: il TuberMelanosporum (Tartufo nero pregiato e vera punta di diamante della cucina abruzzese), TuberMagnatum (Tartufo bianco pregiato), Tuber Brumale (Tartufo nero invernale), Tuber Aestivum (Tartufo nero estivo o Scorzone).

In Abruzzo viene prodotto il 40% dei tartufi italiani e nella regione avviene la miglior raccolta di tuberi di tutto il mondo. Solo nel Parco Sirente Velino, la produzione del tartufo coltivato si estende nella zona della Valle Subequana e in quella della Marsica settentrionale, con diverse varietà e produzioni anche piuttosto significative.

La conoscenza e l’apprezzamento del tartufo in Abruzzo affonda le sue radici all’inizio dell’800. Luigi Marra nel libro Del Tartufo riporta gli scritti di Ignazio Niccolò Vicentini il quale, nella Memoria sulla coltura de’ tartufi, recitata nell’adunanza della Società Economica de l’Aquila del dì 19 del mese di Aprile dell’anno 1828 (Tip. Grossi, Aquila 1833), così scrive riferendosi all’uso del tartufo: “L’aroma de’ Tartufi, e forse l’astringente sostanza che contengono, basta per conservare la carne; mentre si osserva che i polli ripieni di Tartufi non si guastano così prestamente. Il liquore coi Tartufi si fa, impregnando l’acqua dell’aroma, che dà medesimi esala, fatti in pezzi: ma conviene prepararla a freddo: perché il menomo calore ne deteriora la qualità e la delicatezza”. Gli esempi citati dimostrano la conoscenza del tubero in Abruzzo sin da tempi remoti e, con essa, forme diverse di utilizzazione e trasformazione.

Il tartufo dell’Abruzzo è un prodotto PAT. I Prodotti Agroalimentari Tradizionali rappresentano un biglietto da visita dell’agricoltura italiana di qualità. Con il termine s’intendono quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni.

Il tartufo è un fungo ipogeo: si sviluppa nel sottosuolo e il suo nome deriva dal termine latino “tuber” che significa letteralmente “escrescenza di terra”, nome che ricorda la sua forma irregolare. Il tartufo, appartenente alla famiglia delle Tuberaceae, è un fungo che cresce spontaneamente accanto alle radici di alcuni alberi, con i quali stabilisce un vero e proprio rapporto simbiotico che prende il nome di “micorriza” (dal greco mykos: fungo, e rhiza: radice). L’Abruzzo è la più grande regione produttrice di tartufo in Italia.

In anni più recenti gran parte della produzione abruzzese è stata acquisita da industrie di trasformazione extraregionali e commercializzata in tutto il mondo con marchi diversi. La raccolta del tartufo è effettuata con l’aiuto di cani idoneamente addestrati per la ricerca, ma in passato veniva utilizzata anche la femmina del suino, più resistente e meno distratto da altri odori lasciati dalla selvaggina rispetto al cane. Tuttavia la difficoltà di controllare l’animale e il conseguente rischio di danni per la tartufaia ha portato le regioni al divieto di utilizzo del suino nella raccolta del tartufo. Nel corso degli anni è stata così selezionata una razza di cani da riporto, “il Lagotto”, che è diventato il cane da tartufo per eccellenza.

Negli ultimi anni, il crescente interesse per il tartufo a livello regionale, testimoniato anche dal notevole aumento dei cercatori, ha favorito la realizzazione di campi con specie tartufigene realizzate dall’Agenzia Regionale per i Servizi di Sviluppo Agricolo allo scopo di fornire cognizioni relative alla coltivazione di questo prezioso fungo. (Fonte: Atlante dei Prodotti Tradizionali d’Abruzzo). L’Arssa ha condotto studi per catalogare e descrivere ciascuna zona ed è l’ente che abilita all’esame per il rilascio del tesserino da ricercatore, indispensabile per svolgere tale attività.

Il tartufo è un ingrediente molto delicato. E’ possibile conservarlo in luogo fresco e per un breve periodo (massimo 7-8 giorni) avvolto in una garza traspirante e chiuso in un barattolo di vetro. Ma anche ricoperto di riso che ne assorbe l’umidità impedendo che marcisca prima del tempo. Il tartufo nero va utilizzato in quantità generose, e viene consumato quasi esclusivamente crudo, spolverato e grattugiato sugli alimenti da insaporire.

Da cotto, quello bianco è essenzialmente un aromatizzante e viene utilizzato in dosi ridotte per profumare i cibi cucinati. Il tubero ha un sapore dolce e intenso ed emana un caratteristico profumo di sottobosco. In quanto a ricette a base di tartufo, la cucina abruzzese offre moltissimi piatti che trovano in questo alimento un vero e proprio ospite d’onore: dagli antipasti ai primi, dai secondi ai contorni, il tartufo trova la sua piena realizzazione sia in piatti di verdura, carne e uova.

Fonte: www.ilsecoloxix.it